Il Ministero della Salute condannato a risarcire i danni da emotrasfusione sanguigna infetta
Il Ministero della Salute condannato a risarcire i danni da emotrasfusione sanguigna infetta
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione sanguigna decorre dalla domanda per ottenere l’indennizzo di cui alla legge 210/1992.
La Terza Sezione del Tribunale Civile Palermo, con sentenza n. 3257/2015, ha condannato il Ministero della Salute a risarcire una nostra assistita dei danni subiti per avere contratto il virus dell’HCV (meglio nota come epatite C) in seguito al somministrazione di emoderivati cui la stessa venne sottoposta nel 1977 al momento della nascita, a seguito di complicanze legate alla gravidanza.
La vicenda, nella sostanza, è purtroppo tristemente simile a quella di altri casi di persone che in seguito ad emotrasfusioni sanguigne infette, effettuata tra gli anni settanta e ottanta, hanno contratto gravi malattie a causa dell’omesso controllo da parte degli organi preposti.
La sentenza in esame riconosce la responsabilità extracontrattuale del Ministero della Salute per avere omesso di adottare tutte le misure di verifica e puntuale controllo, che al medesimo competevano in forza di un quadro normativo di carattere generale e specifico, sull’attività di produzione e commercializzazione del sangue umano ed emoderivati, al fine di evitare la diffusione di sangue infetto, produttivo delle patologie virali con danni alla salute nei pazienti sottoposti alla trasfusione.
Aderendo alla nostra tesi difensiva, il Tribunale di Palermo ha, dunque, condannato il Ministero titolo di responsabilità extracontrattuale per omissione colposa avendo il Tribunale accertato che l’evento lesivo subito dall’attrice non si sarebbe verificato se il Ministero avesse tenuto un comportamento alternativo di prevenzione e non avesse omesso di esercitare il dovuto controllo nella materia di impiego del sangue umano per uso terapeutico.
Di particolare rilievo è quanto affermato dal Tribunale in ordine al grado di conoscenza che il Ministero aveva dell’esistenza del virus dell’epatite già a partire dai primi anni ’70.
Il Giudice ha, dunque, condannato il Ministero della Salute non essendosi adoperato ad eseguire capillari controlli su ogni campione di sangue prelevato per le donazioni secondo i test di rilevazione del virus disposti già all’epoca dalla comunità scientifica in modo da escludere dai donatori chiunque presentasse valori di transaminasi alterati per evitare il diffondersi del contagio.
Tra l’altro, come rilevato anche noi, e condiviso anche dal Tribunale, il Ministero della Salute ha omesso del tutto di predisporre un sistema adeguato di vigilanza malgrado ne avesse l’obbligo in forza della normativa vigente.
La sentenza si sofferma, inoltre, su una questione già ampiamente dibattuta e risolta con l’intervento delle Sezioni Unite del 2008 in ordine alla prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. affermando che il dies a quo della decorrenza del suddetto termine decorre dal momento in cui la malattia viene percepita o può essere percepita come danno ingiusto che non coincide necessariamente con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. 210 del 1992, art. 4, ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa.
E’ da quel momento, dunque, che la vittima del contagio ha una sufficiente percezione sia della malattia, sia del contagio, che delle possibili conseguenze dannose, percezione la cui esattezza viene solo confermata con la certificazione emessa dalle commissioni mediche.
Nel caso in esame, l’attrice aveva inoltrato nell’0ttobre del 2005 domanda per la liquidazione dell’indennizzo ai sensi della legge 210/1992 che veniva accolta.
Considerato che la notifica dell’atto di citazione nei confronti dei convenuti risale al Settembre 2010, secondo il Tribunale, al momento della proposizione della domanda risarcitoria, il quinquennio per la prescrizione della responsabilità extracontrattuale non era ancora decorso.
Il Tribunale di Palermo ha ritenuto, pertanto, essenziale ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, l’effettiva consapevolezza da parte del danneggiato nel nesso eziologico della patologia sofferta con la trasfusione o la somministrazione di emoderivati.
A nulla varrebbe, secondo il giudice di merito, la circostanza che la danneggiata abbia scoperto di essere affetta da patologia virale dagli esiti di accertamenti diagnostici o che dalla prodotta documentazione sanitaria emerga un ricovero ospedaliero in cui le venne diagnosticata “pneumocistosi in paziente con AIDS”, in quanto nessuna documentazione attesta la riconducibilità di essa alla trasfusione cui la medesima venne sottoposta più di dieci anni prima.
Da ciò discende che l’assenza da parte dell’attrice di siffatta consapevolezza osta alla decorrenza del termine di prescrizione coincidente con la piena consapevolezza dell’affezione nonché della connessione con l’avvenuta trasfusione che nel danneggiato sorge dalla proposizione della domanda amministrativa per l’ottenere l’indennizzo.
Infine, il Giudice ha tenuto conto del danno biologico accertato in sede di consulenza medico – legale per pervenire ad una quantificazione del danno subito dall’attrice secondo le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, conformemente agli orientamenti condivisi dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.
Avv.Carlo Riela